Quarantatreesimo giorno di vita di questo blog, la mia attività da ciappinara umarel coi tacchi procede spedita.
“Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai un giorno nella tua vita.”
Scusatemi la cit. di Confucio (o Jim Morrison), il parlare per citazioni mi ha sempre gasata, praticamente puoi sempre risultare super profonda con zero fatica.
Comunque questa cosa me l’ha detta l’altro giorno un cliente che passava di qui nel Business Center. Lui aveva affittato una sala quì per incontrare dei suoi clienti, erano in ritardo e allora ci siamo presi un caffè insieme.
Che fino a qui è normale, anche perché io di caffè ne prendo settecento al giorno figurarsi se poi non colgo l’occasione di uno che è li, seduto, fermo, fuori fa freddo, abbiamo tutti un po’ sonno, sono le ottemmezza del mattino, ne avevo già bevuti tre ma vabbè.
Chiacchiere, domanda fatidica: “Ma è da tanto che fai sto lavoro?”, mia risposta: “Che? Fare il caffè?”.
No, a quanto pare Paolo voleva sapere da quanto lavoro nella gestione del Business Center (cosa che io tra l’altro ho saputo quando mi sono arrivati i bigliettini da visita). Ma io non è che sono sveglissima la mattina.
Però in realtà da questa sua domanda è partito il mio viaggione mentale in cui gli ho raccontato di com’è cominciata tutta sta storia pazzesca. Forse Paolo me lo aveva chiesto solo per fare uno di quei discorsi di circostanza anti-imbarazzo. Anche perché io non gli ho chiesto da quanto tempo facesse l’avvocato, e poi io sono un sacco brava a conversare di cose che non interessano a nessuno. Quindi è partito il pippone sul mio essere diventata una umarel coi fiocchi.
Correva l’anno 1929, c’era la crisi negli Stati Uniti, nascono i primi Business Center…ah no, questo lo aveva già raccontato Eleonora qui. Vabbè. Allora ricomincio.
Correva l’anno 2016, Maggio, caldo pazzesco, io appena tornata in Italia dopo un mese in Australia con la mia migliore amica. Mi chiama quello che è il mio attuale capo (Salvo ndr), “cominci domani”, perfetto, come farsi odiare dai colleghi il primo giorno di lavoro? Facile, arrivare abbronzati.
Carica come una molla, arrivo in ufficio il giorno dopo, tra l’altro senza una minima idea di che cosa avrei dovuto fare, oh, in realtà una bozza di idea ce l’avevo.
Sapevo in generale di dover lavorare sulla brand identity, mi ha sempre appassionata quella roba lì, quindi benissimo.
Il primo giorno va alla grande, l’attività primaria che affrontiamo in ufficio è svuotare i pacchi-da-giù che arrivano per Salvo. Io e Ross abbiamo la postazione più vicina all’ingresso, ciò comporta che siamo obbligate a fare un controllo qualità di default, che vi devo dire, ci tocca. Al giorno due, ore quindici arriva Salvo e mi butta lì che entro un anno avremmo cambiato ufficio, figata, quindi?
S:“Quindi tra poco partono i lavori di restauro e poi bisogna arredarlo”
B:“Figata, quindi?”
S:“Quindi avrei bisogno che mi dessi una mano a seguire i lavori e bla bla bla”
La situazione era che nel nuovo ufficio, e cioè il Business Center dove siamo ora, bisognava fare dei lavori, e fin qui tutto bene, tolto il fatto che mio nonno mi ha insegnato da piccolina a stuccare e a dare di bianco, non è che avessi una grande esperienza. Vabè.
In realtà io ero carichissima. Quindi tutti i giorni mi facevo una mezza giornata in ufficio a fare quello che poi sarebbe il lavoro per cui mi hanno assunta, e mezza giornata in cantiere a guardare i lavori con le braccia incrociate dietro la schiena.
Passano i giorni, i mesi, i lavori proseguo…
Temo che Paolo sia addormentato, ora lo sveglio… e continuerò la prossima volta.