L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano afferma che ormai più della metà delle grandi imprese italiane ha adottato il concetto dello smart working. Ma che cos’è? Potrebbe essere adatto per un consulente?
Che cos’è lo smart working
Lo smart working (o lavoro agile) è un lavoro autonomo fatto da remoto. Dà la possibilità ai lavoratori di scegliere in autonomia l’orario e il luogo di lavoro. Permette anche di lavorare in mobilità (eventualmente anche all’estero) attraverso appropriati strumenti digitali. Con lo smart working si vogliono abolire i concetti di postazione e orari fissi. Tutto questo in nome di flessibilità, virtualità, creatività e collaborazione di idee e di spazi. Fondamentale in un lavoro autonomo è il rapporto di fiducia da parte del datore che non impone vincoli di orario e di spazio ma concorda per un’organizzazione fatta di obbiettivi e fasi.
Ai cosiddetti lavoratori agili viene garantito lo stesso trattamento economico e normativo dei loro colleghi che mantengono l’impostazione lavorativa tradizionale. Lo smart working si sta diffondendo nelle grandi imprese e private soprattutto nel nord d’Italia. Invece nelle piccole e medie imprese stenta a decollare spesso per disinformazione e resistenza culturale.
Vantaggi
Sempre secondo la ricerca sopra citata nel 2018 il numero dei lavoratori agili in Italia è pari al 12,6% del totale degli occupati. La maggiore libertà e flessibilità del lavoro autonomo ha portato:
- un incremento di produttività individuale del 15%,
- una riduzione del tasso di assenteismo del 20%,
- un risparmio sui costi di gestione degli spazi fisici,
- un riequilibrio nella gestione della vita privata e del lavoro per l’80% dei lavoratori.
Inoltre molti di questi lavoratori hanno indicato come grande vantaggio il fatto di non doversi spostare da casa all’ufficio. Così evitano il traffico nelle ore di punta, ottengo una riduzione dei costi della benzina e contribuiscono alla riduzione dell’inquinamento. Altro vantaggio: lo smart working permette di assumere lavoratori con esigenze particolari come malati cronici, donne in gravidanza, neo-padri e neo-madri o studenti lavoratori.
Svantaggi
Lo smart working non è un’iniziativa che può iniziare dall’oggi al domani ma ha bisogno di una buona riorganizzazione aziendale alle spalle. Tale cambiamento deve basarsi su un’attenta analisi degli obiettivi e delle caratteristiche tecnologiche e culturali dell’azienda. Infatti per poter lavorare per la propria azienda ma al di fuori di essa servono buone tecnologie. Per esempio dispositivi mobili, business app e servizi di social collaboration, una graduale informatizzazione, archivistica e gestione digitale. Inoltre serve soprattutto una predisposizione di capi e subordinati a superare le modalità lavorative tradizionali e accogliere i nuovi principi di un lavoro autonomo fatto da remoto.
Lo smart worker solitamente è un uomo
Le statistiche mostrano che la maggior parte degli smart workers sono uomini. Viene spontaneo chiedersi come mai non c’è una maggioranza di donne dato che questo tipo di lavoro sembrerebbe più adatto a loro. Lavorare da casa con orari e postazioni flessibili potrebbe andare in contro alle esigenze delle madri e delle mogli, ma evidentemente esse non si sono lasciate ancora convincere del tutto.
Una probabile motivazione è che le donne spesso sono più inclini ai rapporti diretti con le persone: di solito a loro piace chiacchierare e confrontarsi a voce coi colleghi su tematiche lavorative ma anche su questioni più strettamente personali. Molte donne dicono che andare a lavorare è un modo per distrarsi dagli impegni domestici, per parlare con i colleghi e non sempre e solo con i figli e il marito. Lavorare da casa potrebbe rivelarsi meno produttivo che lavorare dall’ufficio perché ci sarebbero sempre i bambini attorno a disturbare e i lavori di casa incombenti sarebbero più facilmente sott’occhio. Questo porta una donna a temere che con lo smart working, alla fine dei conti, lavorerebbe di più che con un orario concentrato e definito senza altre distrazioni.
Altra motivazione, che forse vale di più anche per gli uomini, è una questione di riconoscimento sociale in termini di credibilità e autorevolezza. Alcuni infatti ritengono che il lavoro fatto da casa valga meno di quello fatto in ufficio. Ciò probabilmente dipende da una cultura tradizionale radicata che associa l’atto di uscire di casa per andare a lavoro come elemento costitutivo del lavoro stesso. Spesso il lavoro autonomo da remoto viene percepito come meno impegnativo e da poter mettere facilmente in secondo piano rispetto ad altri impegni.
Lo smart work è solo per i millennials?
I concetti di open space, social collaboration e utilizzo dei media digitali sono, a ragione, principalmente associati ai millennials. Ed è verissimo che i giovani possano essere più inclini allo smart working essendo più abituati a usare quotidianamente le nuove tecnologie. Però è stato stimato che il numero di persone che lavorano da remoto si equivalga più meno tra chi è nato prima degli anni 60 e chi è nato dopo gli anni 80 del Novecento. Anzi che l’ago della bilancia tenda verso il primo gruppo.
Dunque non sono i millennials a preferire lo smart working. Tra le motivazioni c’è quella che i più giovani, non avendo troppa esperienza nel lavoro che fanno, preferiscano lavorare “dal vivo” rispetto all’essere più “isolati” a casa. Questo perché così possono vedere sul campo come lavorare e sono inseriti in un ambiente più stimolante. Specularmente chi invece magari fa lo stesso lavoro da molto tempo sa già come gestirlo per cui ritiene di poterlo fare con maggiore tranquillità da casa.
Tutto sommato lo smart working crescerà
Facendo un quadro generale i dati dimostrano che lo smart working è destinato a crescere e a diffondersi ulteriormente. Probabilmente è il segno dei tempi che cambiano, delle esigenze delle persone di organizzarsi diversamente dalle modalità tradizionali in una vita che è sempre più frenetica.
Lo smart working è adatto a un consulente?
Il lavoro del consulente spesso è strutturato come lavoro per obiettivi: questa filosofia è alla base anche dello smart working. Secondo tale concezione gli orari e una postazione fissa non hanno grande importanza, contano piuttosto i risultati raggiunti, gli obiettivi prefissatisi appunto. Inoltre il lavoro autonomo remoto richiede l’utilizzo di strumenti digitali. Il consulente in questo è già abituato: ogni giorno si destreggia tra e-mail, dati elaborati al computer e fogli Excel. Dunque gli strumenti digitali per lui non sono una novità.
Lo smart working è adatto per chi non ha problemi a sviluppare una relazione più digitale che fisica. Il consulente non ha necessariamente bisogno di essere fisicamente presente nella sua azienda e quindi il lavoro autonomo può essere indicato per lui. A maggior ragione se si tratta di un consulente autonomo che collabora con più aziende diverse. Serve però una precisazione: il lavoro remoto e il conseguente rapporto digitale è più appropriato se fatto con i colleghi e con il capo. Potrebbe invece risultare meno efficace nel rapporto con i clienti dove la presenza fisica e il contatto diretto sono importanti.
Sarà il pericolo degli incidenti sul lavoro che sempre più si è affermato questo tipo di attività totalmente autonoma?
Dato che stai lavorando da casa e il capo non ti sta controllando diffondi questo articolo, e se avrai voglia di scoprire cosa gli altri pensino della tua figura e del tuo lavoro, continua pure a leggere “Aforismi sul lavoro dei consulenti“!